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Dicono
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Antiche tecniche di mestieri moderni |
Da questo numero sul nostro mensile nasce una nuova rubrica dedicata alle antiche tecniche di lavorazione dei mestieri artigiani. Tecniche che possono essere usate anche oggi. Per scoprirle e conoscerle ci faremo aiutare dagli stessi artigiani della Cna. Ogni mese racconteremo un mestiere, in questo numero parleremo dell’oreficeria. |
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Quando il regno vegetale entra in oreficeria. Intervista all’orafo Marco Casagrande. |
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L’oreficeria è il regno dei metalli, pregiati naturalmente. Ma anche il regno vegetale è stato ed è di grande aiuto per gli orafi. Patate, agli, erbe, alberi sono stati utilizzati quando la chimica non era ancora di casa nei laboratori orafi. “La patata può essere utilissima per raffreddare le pietre – ci spiega Marco Casagrande , titolare insieme alla sorella Carla della ditta di oreficeria 'Casagrande Tigrino' in via dell’Inferno 24 a Bologna -. Per saldare l’oro occorre scaldarlo fino a 700 gradi. Il rischio è che se l’oggetto ha inserito una pietra preziosa, questa potrebbe essere danneggiata dal calore. L’acqua non può essere utilizzata per raffreddarlo perché essendo liquida si sparge intorno al gioiello. Allora in passato si tagliava in due una patata, si scavava nella polpa un tassello, vi si inseriva la testa del gioiello e si scaldava la parte esterna in oro , il gambo del gioiello. La patata evitava con efficacia il surriscaldamento della pietra”. “Anche l’aglio era uno strumento di lavoro dell’orefice – prosegue Casagrande – “. L’aglio infatti contiene un liquido colloso che veniva usato per incollare le piccole pietre preziose. Ha la stessa potenzadell’Attack, infatti ci sono gioielli realizzati nel ‘700 e nell’800 ancora oggi incollati col succo d’aglio. Quando oggi li dobbiamo scaldare per manutenzione , si sente nell’aria l’inconfondibile odore dell’aglio”. |
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Il simbolo della corporazione degli orefici. Camera di commercio di Bologna. |
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“Un'altra tecnica tipica del passato in oreficeria era la lucidatura del metallo usando erbe che venivano bruciate. Al termine della lavorazione dell’oro, questo metallo può risultare opaco e necessita di lucidatura. Oggi si usa una spazzola di fili di cotone resi abrasivi con l’aggiunta di grassi ed ossidi. Quando l’ossido non era stato ancora inventato, venivano bruciate erbe le quali, contenendo silicio, avevano la stessa funzione abrasiva”.
Casagrande molte di queste tecniche le vedeva usare da ragazzo nell’immediato dopoguerra, quando i materiali scarseggiavano: “ Da un mio viaggio di lavoro in Giappone, mi sono portato in Italia del legno russo, la pavulonia. L’ho bruciato e ridotto a carbone, ed ora mi è utile per la smerigliatura e la finitura del metallo, quando questo è troppo lucido e necessita di un velo opaco per rifinirlo”.
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1. Con la Cna alla scoperta dei mestieri della tradizione. Marco Casagrande: Un Orafo per amore con mani da chirurgo. Intervista di Franco Basile, dal Resto del Carlino, Pagina IX Cronaca, Giovedì 9Febbraio 2006. |
2. Antiche tecniche di mestieri moderni. Quando il regno vegetale entra in oreficeria. Intervista all’orafo Marco Casagrande. Quotidiano: Bologna Artigianato e piccola impresa dell'Emilia Romagna. CNA n° 227 del 5/12/2004 |
3. Gli Artigiani artisti in Piazza Ravegnana. Seconda edizione di : Le Arti per Via. 16 maggio, 20 giugno, 11 luglio, 19 settembre 2004. Tratto da: "Bologna Artigianato e piccola impresa dell'Emilia Romagna n° 126 del 7 Giugno 2004". |
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6. Marco Casagrande, un uomo d'oro. di Hélène Blingnaut. Tratto da: Soprattutto, la Rivista del Week End, anno 3, n° 30, dal 30 Luglio al 5 Agosto 1999, p. 65.
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